
Quando pensiamo ad una donna incinta, ad un nuovo essere che si sta creando, non diamo mai il giusto peso a questa nostra ineffabile capacità.
Pare una cosa normale perché ci viene naturale e perché lo facciamo da sempre, ma approfondendo l’argomento possiamo accorgerci di quanto il nostro corpo sia in grado di fare.
Credo che l’umano sia il più straordinario degli esseri, sa dare la vita in modo così naturale e spontaneo, senza neanche pensarci.
Quel che solitamente ci stupisce di più è che il feto, per tutta la durata della vita intrauterina, non vede e non respira. Egli emette il suo primissimo respiro non appena viene al mondo, con attorno dottori e parenti commossi.
Veniamo alla luce inspirando, con l’ossigeno che ci entra nei polmoni per la prima volta e ci provoca una qualche sensazione di bruciore, facendoci usare la nostra voce per la prima volta con il pianto.
A pensarci, sconvolge anche che la sopravvivenza della vita embrionale sia possibile principalmente grazie ad un solo organo, che oltretutto è temporaneo: la placenta. Essa è allo stesso tempo un filtro e una barriera: permette al bambino di nutrirsi e ossigenarsi attraverso il sangue che gli è portato tramite il cordone ombelicale e lo protegge dalle sostanze di scarto che verranno invece espulse dal corpo della madre.
Nel corso delle 40 settimane della gravidanza che portano dal concepimento alla nascita, oltre ad accorgerci dei cambiamenti fisici del corpo della donna e della crescita del feto, possiamo dire con certezza che si crei un vero e proprio legame tra madre e bambino, che supera l’aspetto di un organismo che si espande per crearne un altro simile ma ha le sue radici nel fatto di essere due organismi in via di separazione.
Tale legame è come un invisibile filo rosso che unisce i due individui, trasmette al nascituro tutte le emozioni e i sentimenti che la madre prova fin dal primo momento e durante tutta la durata della gestazione.
Per capire meglio questo concetto, ci basta pensare che il primo suono che il feto riesce a sentire già nelle prime settimane della gravidanza, è il battito del cuore della sua mamma: lo accompagnerà per tutta la vita intrauterina.
Tutto quel che accade alla madre, compresi i suoi dolori, le sue frustrazioni, i suoi traumi, le sue paure, viene trasmesso al piccolo esattamente come lei li vive.
Succede molto spesso infatti che alcuni eventi segnino il bambino ancor prima che esso nasca: molti studi dell’ultimo decennio hanno infatti dimostrato che esiste un’associazione tra stress, depressione e ansia in gravidanza e alterazioni di tipo fisiologico e comportamentale nei bambini.
Il dottor Thomas Verny ha eseguito uno studio approfondito sugli effetti che l’ambiente prenatale ha sullo sviluppo del bambino: egli spiega che dalle emozioni della donna incinta provengono dei neuro-ormoni che, rilasciati nel sangue, raggiungono il nascituro attraverso la placenta.
Gli ormoni dello stress in particolare stimolano il sistema endocrino del feto, influenzando anche lo sviluppo del suo cervello: da questo possono derivare problemi comportamentali.
Le statistiche dimostrano inoltre che situazioni di stress estremo e costante portano con maggior probabilità a nascite premature, bambini sottopeso o soggetti a coliche neonatali e problemi simili.
Un discorso parallelo si può fortunatamente fare anche per quanto riguarda le emozioni positive, esse favoriscono la salute fisica e mentale del nuovo arrivato: uno stato mentale sereno induce il nostro corpo alla produzione di endorfine ed encefaline.
Alejandro Jodorowsky ci dice: “Innanzitutto, dovresti avere il diritto di venire generato da un padre e una madre che si amino […]. Dovresti avere il diritto di essere preso in considerazione fin dal primo mese della tua gestazione. […] Quello che avviene all’interno dell’utero non è mai colpa tua”1.
È fondamentale, soprattutto per le mamme, essere coscienti del fatto che il feto percepisce ogni cosa durante tutta la durata della gravidanza, e che le conseguenze spesso si mostrano dopo la sua venuta al mondo.
Se i genitori aspettavano una femmina e invece scoprono che arriverà un maschio, l’errore più grande che possano fare è esserne scontenti perché il nascituro percepirà il loro dispiacere come un rifiuto per il suo essere e si sentirà di dover colmare questa mancanza con qualcosa che in realtà lui non è.
Se, durante la gravidanza, la famiglia subisce degli eventi traumatici, tutto quanto passerà nel subconscio del futuro nuovo arrivato e si imprimerà nella sua memoria più profonda prima ancora che egli abbia visto la luce con i suoi occhi.
Potremmo dire che il bambino più è piccolo più percepisce: non essendosi egli ancora “programmato” alla vita, raccoglie ogni informazione proveniente dalla pancia della mamma e dall’esterno, non sapendo ancora cosa gli sia potenzialmente utile e cosa meno.
È molto importante tenere conto di questo lato della gravidanza e cercare di viverla con serenità e tranquillità ma soprattutto nel modo più naturale possibile.
Rachele Ferrari