
Riportiamo in sintesi l’intervista a Maria Vittoria Rava, Fondatrice e Presidente della Fondazione Francesca Rava NPH Italia Onlus.
Benvenuta Maria Vittoria Rava in questo spazio di Donna&Leadership dedicato alle donne speciali di Standout Woman Award.
Siamo curiose di conoscerti e soprattutto di conoscere ciò che ti ha portato a ricevere il riconoscimento da parte di Standout Woman Award.
“Ringrazio tantissimo Standout Woman per avermi inclusa nella lista di tante donne veramente speciali.
Io ritengo sempre di non avere molto merito perché è il destino e la mia vita che ha scritto la mia storia.
Io ho semplicemente abbracciato il grandissimo dolore che mi ha colpito oltre vent’anni fa per la perdita di mia sorella Francesca che era la metà della mia anima e quindi metà anche della mia vita.
Questo dolore grande ha azzerato tutti i miei sogni, tutti i miei programmi di vita.
Quando succede a qualcun altro è facile pensare che sia solo parte di film e che debba succedere solo agli altri, e quando queste tragedie succedono a te, incominci a capire che la vita e il dolore nella vita sono qualcosa di molto reale e che la vita non è scontata.
Ho abbracciato questo dolore e con esso una serie di coincidenze che sono arrivate in un momento della mia vita dove anche la fede era un po’ vacillante perché quando soffri così tanto e non ti aspetti di perdere una persona cara, vengono meno anche un po’ i pilastri delle tue certezze.
Queste coincidenze mi hanno portato a conoscere nuove persone, che mai avrei incontrato nella mia vita.
Così ho conosciuto questa organizzazione internazionale che si chiama NPH, che è il secondo pezzo del nome della Fondazione Francesca Rava NPH Italia, che voleva aprire un ufficio raccolta fondi in Italia.
Io, ai tempi ero, e lo sono tuttora, avvocato, avevo in mente di diventare notaio, di fare tutt’altro tipo di carriera ma intanto che ero molto confusa facevo consulenze legali gratuite per aiutare le persone che non avevano la possibilità di pagare un avvocato.
Tra queste arrivò anche questa organizzazione, lessi il libro del fondatore e mi innamorai della loro storia.
C’erano due persone pronte ad aprire questo ufficio in Italia, loro avevano uffici di raccolta fondi in tutta Europa, in tutto il Mondo.
Poi, quando diedi questa consulenza legale, le due persone che avevano deciso di aprire l’ufficio si tirarono indietro perché una delle due aveva perso il lavoro, erano marito e moglie, e così nel frattempo dissi: vi do una mano nel frattempo in cui trovate qualcun altro.
Questa mano era la sera, nei weekend, quando tornavo dal lavoro li aiutavo in questo inizio nel nostro paese e poi diventò sempre più coinvolgente: iniziò mia mamma, mia zia, le prime volontarie storiche della fondazione, i colleghi di Francesca, altre persone, la mia famiglia intera al fianco di questa organizzazione che ci aveva fatto innamorare perché parlava di dignità delle persone: i bambini, i ragazzi al centro con la loro dignità, con un obiettivo molto preciso, non assistenzialista ma di empowerment, di rinascita.
Questo lo trovavo molto illuminato, molto bello.
Soprattutto perché in paesi poveri ci si immagina di arrivare sempre, ed è giusto così, anche con le risorse per le emergenze e per i momenti difficili.
Ma poi, la vera sfida è rimanere in questi paesi e dare a questi bambini, a questi ragazzi, esattamente quello che noi vogliamo dare ai nostri figli per renderli cittadini indipendenti.
Rimasi molto colpita e decisi poi, dopo un periodo di riflessione e di crisi anche personale non da poco, di dedicarmi a questa fondazione che è nata, anche qui, con la piccola liquidazione che mia sorella aveva ricevuto dall’azienda in cui lavorava, perché io avevo 28 anni, lei 26, ci eravamo laureate tutte due molto giovani, e lei già stava lavorando.
Quindi è nata, io dico sempre, un po’ sul sangue di mia sorella.
E per questo tutti i giorni della mia vita, io da vent’anni, è come se fosse il primo giorno, la motivazione è sempre proporzionale all’amore che ho per lei e all’amore che ho per tutti questi bambini, di conseguenza per ragazzi.
Quindi la motivazione anche delle persone che si sono unite a questa squadra, che sono, tra parentesi, per la maggior parte donne, ma non per scelta, ma per coincidenza è veramente una motivazione molto forte che tutti riconoscono quando ci conoscono, quando conoscono la Fondazione Francesca Rava.
Io sono una persona normale, ho semplicemente abbracciato il mio dolore, so che molti di noi, anzi tutti, abbiamo uno zaino di dolore nella vita perché la vita non è solo rose e fiori, e ho abbracciato poi le coincidenze mettendoci tutto il mio impegno, tutta la mia serietà, e sicuramente molto spirito di sacrificio.”
In questo momento di silenzio con lo sguardo in questo oceano di bontà e di speranza per tutti questi bambini, mi puoi dire qual’è il fattore comune delle donne attratte dalle attività del donarsi e dedicarsi nella fondazione?
“Una volta una giornalista, che venne con noi in Haiti in un viaggio per poi conoscerci in fondazione e in sede, disse: le donne della fondazione sono come delle farfalle con le ali d’acciaio.
Si muovono in modo leggiadro e delicato, con amore, ma poi hanno le ali d’acciaio perché sfidano l’impossibile.
Questa definizione è proprio vera, nel senso che forse ci sono tante donne che sono attratte dalla fondazione, o comunque si sono avvicinate alla fondazione magari proprio per- ché avevano nella loro vita un momento di riflessione e poi sono sopravvissute in fondazione perché hanno le ali d’acciaio, perché sono persone con una forte motivazione e anche soprattuto con determinazione, serietà, professionalità.
Molte delle donne che lavorano in fondazione e moltissime delle volontarie sono donne lavoratrici, che hanno lavorato anche nel profit, e che hanno riconosciuto nella fondazione la possibilità di dare se stesse, di dare il loro cuore, ma in modo professionale.
Queste due cose insieme sono una caratteristica donne molto professionali, che mettono il loro valore aggiunto nel lavoro che fanno, e quindi lo fanno al meglio, con qualità, ma anche con grandissimo cuore e poi aggiungo spirito di sacrificio e versatilità, questa è una caratteristica che hanno principalmente le donne, che abbiamo noi donne.
Noi siamo multitasking, sappiamo fare tante cose diverse nello stesso momento, ci adattiamo, siamo flessibili, e soprattutto abbiamo anche uno spirito di sacrificio, che alcune volte è quello che ci rovina un po’.
Perché facciamo tanto, forse più di quello che ci viene chiesto, però è anche quello permette veramente di dimostrare che cosa è il concetto di dono.
Lavorare in una fondazione e lavorare in un’azienda sono entrambe cose egregie, ma se tu lavori per aiutare qualcun altro l’orario non lo puoi guardare, la porta dell’ufficio non è mai chiusa, e le tue notti e i tuoi giorni hanno il tuo cuore sempre in quella direzione.
Immaginiamoci queste vacanze: tutti noi avevamo bisogno di un po’ di riposo, sono stati due anni difficilissimi, abbiamo affrontato l’emergenza COVID e avevamo proprio bisogno di riposo.
Pochi giorni dopo la chiusura temporanea della sede della fondazione, abbiamo ricevuto l’allerta del terremoto in Haiti e ci siamo rimesse al lavoro, siamo no stop e questo forse è molto di noi donne.”
Quali nuovi progetti avete sul territorio Italiano?
“Da vent’anni a questa parte la filosofia della Fondazione Francesca Rava è quella dell’empowerment e di portare un bambino per volta dalla strada alla laurea, cioè a un futuro.
La domanda che ci facciamo tutti i giorni è: Che cosa tu faresti per tuo figlio, se questo bambino fosse tuo figlio?
Questo lo applichiamo in tutti i progetti.
È stato incredibile come nel ventesimo anniversario della fondazione, che è caduto nel 2020, eravamo pronti a celebrare questo momento con i nostri volontari, per ringraziare tutti i donatori volontari che ci hanno aiutati in questi anni, ma è arrivata la pandemia COVID.
Ci siamo dovuti rimettere al lavoro, quindi l’abbiamo celebrato lavorando per aiutare gli ospedali di tutta Italia, però è stata una bellissima coincidenza, siamo stati chiamati dalla Presidente del Tribunale per i Minorenni di Milano, la Dott.ssa Maria Carla Gatto, un’altra donna che sarebbe da premiare, meravigliosa e coraggiosa, a interessarci di un tema molto importante: i ragazzi, giovani adolescenti, che sono in un momento di crisi della loro vita, per varie ragioni, possono essere sociali, personali, di vario genere e inciampano nella giustizia.
Sono ragazzi che vanno aiutati, i principi della giustizia minorile italiani sono particolarmente illuminati e danno una seconda possibilità a tutti i ragazzi che sbagliano in un’età così giovane; un’età in cui talvolta all’incoscienza e anche l’influenza dell’ambiente dove si vive possono portarti a sbagliare.
Questa seconda chance che è nell’età evolutiva ti dà la possibilità magari di pagare con una pena detentiva, che è l’ultimo strumento, l’ultima risorsa, oppure con una messa alla prova, con un programma di recupero.
Abbiamo stretto questo protocollo di collaborazione con il Tribunale per i Minorenni di Milano, con il Centro per la Giustizia Minorile della Lombardia e l’Istituto Beccaria, proprio per collaborare con un’ottica specifica: creare un ponte tra il dentro e il fuori, realizzando progetti concreti per trasferire a questi ragazzi, detenuti all’interno dell’Istituto Beccaria e ai ragazzi della messa alla prova, degli skills pratici e teorici.
E soprattutto aiutarli a fare quel famoso click che a ogni nostro figlio vogliamo far fare, quel click della maturazione, quel click di volersi bene e, soprattutto, di riconoscere anche in se stessi quella parte bella che c’è in tutti i ragazzi del mondo, anche quelli che sono in difficoltà, anche quelli che hanno sbagliato.
Lo facciamo coinvolgendo tantissimi volontari, giovani e meno giovani, e anche volontari aziendali, per aprire questo sistema del carcere, per aprire e per abbattere i pregiudizi; pregiudizi che nell’azienda tante volte rendono difficile l’assunzione di questi ragazzi.
Quando uno di questi ragazzi decide di trovare un lavoro, quando termina questi percorsi nell’ambito della giustizia minorile, è un ragazzo che ha già svoltato, è un ragazzo che è cambiato, è un ragazzo che vuole fare qualcosa di diverso e questa chance deve essere data a questi ragazzi.
Quindi noi lavoriamo su questi progetti che hanno un nome: Palla al centro.
Palla al centro perché si vuole ripartire, come nelle partite di calcio, con la palla al centro, dando una seconda chance a questi ragazzi.
Abbiamo realizzato dei campus all’interno dell’Istituto Beccaria, per esempio con degli imbianchini e imbiancando con i ragazzi, perché possano capire quanto loro stessi possono essere artefici del bello e anche imparare un lavoro.
Abbiamo questa collaborazione molto bella, molto preziosa con Microsoft, per creare un’aula informatica, per trasferire competenze digitali ai ragazzi, quanto mai importanti per un curriculum, per trovare un lavoro.
Organizziamo anche delle attività sportive con i ragazzi, perché lo sport è uno dei momenti di dialogo anche con i volontari, per credere in se stessi.
Abbiamo portato i soccorritori del 118 per insegnare ai ragazzi come da un gesto può dipendere la vita di una persona, non solo il male di una persona.
E sono stati eccezionali, noi abbiamo visto la risposta dei ragazzi incredibile, sono ragazzi che hanno voglia, hanno la luce negli occhi, hanno voglia di recuperare.
Quindi questo programma, che cerca di portare una speranza e anche una rinascita e un dialogo con l’esterno.
È un progetto che ci ha impegnato in questo ultimo anno, ci impegna quest’anno e ci impegnerà anche nei successivi.
È anche rivolto a sensibilizzare la comunità educante esterna, quindi le scuole, le famiglie, le aziende e tutti coloro i quali non sono gli addetti ai lavori, ovviamente gli addetti ai lavori sono le istituzioni, gli assistenti sociali che fanno un lavoro egregio.
Noi vogliamo fare la nostra parte coinvolgendo la comunità esterna che deve fare la sua parte.
Anche il Ministro Marta Cartabia, donna illuminata, ha supportato questo progetto, ha cercato di fare la sua parte nel sensibilizzare alla necessità di abbattere i pregiudizi e a spingere moltissimo sull’educazione di questi ragazzi che hanno diritto ad avere una chance come tutti gli altri.”
Complimenti Maria Vittoria per questa bellissima iniziativa e grazie per la tua testimonianza di vita per tutte le lettrice della tua storia.
Per conoscere il progetto visita: www.fondazionefrancescarava.org