Donna matura pensierosa
Il porto sepolto, otto dicembre, 2001.
Sono Fiorella, madre addolorata
dalla perdita di un figlio.
Come madre penso sia innaturale accettare
quanto accaduto.
Come posso aiutarmi e farmi aiutare
per sopportare questo dolore?
Come posso farmene una ragione?
( Se c’è una ragione)

Gentile e cara Fiorella,

Non ci possono essere risposte plausibili a queste sue domande imperniate di dolore.La perdita di un figlio è quanto di più atroce possa esistere, di più tremendo possa accadere ad una madre o ad un padre. Non ci sono parole giuste e appropriate per sedare questa sofferenza che non si estinguerà mai.

Posso aiutarmi e aiutarla prestandole dei suggerimenti ma ci posso solo provare con profonda umiltà e in religioso ascolto verso chi si è trovato a percorrere strade così impervie e disumane.

Ho conosciuto e frequento persone che hanno vissuto similari percorsi di perdita e so, attraverso la loro esperienza, quanto faticoso possa divenire il vivere una certa quotidianità, le urgenze della vita, lontani da quell’amore filiale che per sue caratteristiche è unico ed essenziale nel suo valore affettivo. Sono ancora loro che mi raccontano quanto sia intenso il senso di ingiustizia subito, perché in un certo senso come adulti e genitori abbiamo vissuto le esperienze fondamentali della vita, ci siamo fatti carico delle nostre speranze, mentre il giovane, il ragazzo è ancora inesperto di vita, ha bisogno di librarsi in volo con i suoi sogni, di provare ad esserci nelle bellezze e nelle rinascite della vita.

Per amor di giustizia, al figlio, maggiormente se giovane, non andrebbe mai negata la possibilità di provare ad essere nella vita seguendo proprie inclinazioni e desideri.

Se posso esprimermi, devo dirle che fra tanti libri che ho letto nella mia vita, uno di essi mi ha maggiormente segnata e parla proprio di questo legame forte fra una madre e la propria figlia. Sto riferendomi al testo “ Paula” di Isabelle Allende, letto e riletto tre volte a distanza di vari anni. È l’ unica lettura che ha provocato in me, ogni volta, una forte commozione, emozioni intense.

Sinceramente penso che la scrittrice abbia avuto coraggio nel ripercorrere quel percorso comune di vita con la figlia, attraverso una narrazione che entra non solo nel percorso autobiografico di entrambe ma anche nel vivo emotivo della perdita.

Quanto coraggio l’ ha sostenuta per riuscire ad affondare con la penna in quell’immenso dolore con una sapienza affettiva così forte ed indelebile ed in molti passaggi assai dolce.

Quale parametro di vita l’ ha così fortemente sostenuta?

Quando parlo di scrittura terapeutica so bene a cosa mi riferisco perché affrontare un tale trauma, il vuoto della perdita, attraverso la scrittura, non è capacità di tutti, è sforzo enorme che a tratti ci fa sbandare, ci destabilizza nel fragore delle lacrime intense.

Ma quello che sembra essere uno sforzo inaudito con la scrittura aiuta a risalire verso una luce che sa di riconciliazione, e nel dolore della perdita riesumata si tenta di trasformare il vuoto del lutto in conoscenza, in catarsi rivitalizzante.

Sì cara Fiorella, questo dolore è disumano ma ci viene richiesto di sopravvivere e a maggior ragione per questi figli che abbiamo amato, di resistere cercando di alleggerire nel tempo il peso sovrastante della perdita.

Ho diverse amiche che hanno affrontato quel dolore iniziando a cimentarsi con nuove attività legate anche al volontariato per aiutare nello stesso dolore altre madri o giovani come possono essere i fratelli di quel figlio.

Fratelli che saranno sempre accompagnati dal senso di colpa per essere dei sopravvissuti; il lavoro emotivo da costruire su questi figli è molto importante e non va sottostimato. Credo sia cosa vitale, dopo il primo periodo necessario di forte abbattimento e costernazione, trasformare quel dolore in opportunità di crescita per tutti i soggetti della famiglia e in valore anche per altri, per non farsi annientare completamente e non riuscire più a vivere le essenzialità della vita.

Sì ci viene richiesta una forza inaudita ma anche la saggezza di chi nell’ altro può riscoprire il valore della persona, lo spazio rinfrancante della condivisione in cui la parola può assurgere a valore includente, a forma di pacificazione fra i vari esseri umani.

La parola è una sorta di medicina, ( le parole sono creature viventi come dice sempre Eugenio Borgna), un viatico che può aiutare a non demolire tutti i ricordi ma a stemperarli rendendoli vivi non solo per noi ma anche per chi ci affianca.

La testimonianza di chi ci lascia è valore determinante per chi sta costruendo passi nella vita o per chi sta maturando e forgiando il proprio carattere.

Sempre avere in mente il pensiero fertile che siamo qui, tutti in viaggio, non per demolire ma per costruire.

Il dolore non può assorbire tutte le fecondità della nostra vita, allora quel dolore si priva del suo grande significato, ma dobbiamo, noi, costruire la capacità di incanalarlo per evolverlo verso positive opportunità. Un nuovo senso del sé può rinascere e da noi anche un concetto alto di Cura, altisonante e terapeutico per la nostra comunità.

Fiorella provi a dare parola a questo suo lutto, ne provi a parlare con qualche amica o conoscente con cui percepisce forti affinità emotive, si tiri vicino a sé chi sembra essere più resiliente e capace di ascolto e provi a parlare di sé e di quel figlio, della vostra memoria e dei suoi vuoti emotivi.

Perché, mi creda, di tutto quel dire rimarrà sempre un Segno a chi sarà capace di ascoltarla con attenzione e gratitudine.

Questa stessa gratitudine che provo adesso per Lei, per avermi fatto partecipe di questa sua acuta sofferenza chiedendomi un pensiero, un aiuto.

Anche in questo suo caso, come in altre occasioni maturate negli anni, ho sempre sollecitato la scrittura, la forza propedeutica della scrittura.

Scriva le sue emozioni, ciò che prova nelle sue fasi alterne, ciò che vorrebbe dirsi, le sue paure.

Provi a descrivere le sue giornate e i suoi stati d’animo e non tema la scrittura ma si avvicini ad essa sentendosi alleata, complice del suo tratto e del suo Segno.
La scrittura è stato sempre il mio grande strumento di vita, mi ha sempre aiutata molto e nel tempo ha affinato le mie capacità rivelandosi uno strumento prezioso anche per chi si è avvicinato a me ( Pensa scrivi vivi di Sonia Scarpante Ed.TS edizioni ).

Vorrei infine dirle che io ci sono, che qualsiasi pensiero lei mi voglia far giungere ne sarò partecipe e cercherò nel mio piccolo di essere donna solidale e cauta nel maneggiare i sentimenti degli altri e temi così delicati e toccanti come questo da lei proposto.

Inizi a scrivere a me, mi racconti di questa nostra appartenenza; mi creda quando le dico che ogni testimonianza ha un valore imprescindibile e incommensurabile anche quelle che appartengono ai nostri cari che ci hanno lasciato.

Il segno attraverso la loro testimonianza lo possiamo sempre desumere e far nostro e lo possiamo lasciare in altri come senso forte di vita, e in questo nostro avvicendarsi non c’è mai veramente perdita.

Sonia Scarpante