Oggi abbiamo con noi
Sara Abdel Masih,
una giovane donna
con già tanta esperienze
di carriera
e di vita
da poter leggere o ascoltare.
Chi è Sara Abdel?

Sono stata direttrice di note strutture in centro Milano, attualmente sono ancora in carica come Presidente Direttori d’Albergo della Lombardia, tra le poche donne, ahimè.
Dopo vent’anni nel settore turismo ho scelto di abbandonare scettro, corona e trono, in quanto il mio posizionamento era abbastanza importante, per i riconoscimenti che mi sono stati dati negli anni, come “la più giovane direttrice donna nell’hospitality” – “La milanese dell’anno” – “Donna manager dell’anno” – “Hotel manager dell’anno” e con quest’ultimo risultato ho chiuso la carriera.
Ho scelto di chiudere ufficialmente un capitolo della mia vita, in realtà questa volontà nasceva 3 anni e mezzo fa quando nel mio vissuto di carriera conobbi il mobbing.
Il mobbing mi ha portato a fare uno scontro, un frontale, con delle difficoltà notevoli al mio rientro dalla seconda maternità, motivo per il quale ho scelto di scrivere il libro che tocca questo tema, che per me era particolarmente sensibile e importante.
L’ho vissuto, so cosa si prova, infatti non ricordo più i primi mesi dei miei bambini, in quanto sono rimasta in questo stato confusionale per un po’ di tempo, così ho scelto poi di scrivere questo libro.
Ma all’epoca non volevo avere a che fare con gli alberghi, per me era una X categorica; poi grazie alla mia famiglia, a tutti fatti, l’università, tutti i percorsi fatti per poter raggiungere quel ruolo, all’epoca ero vicedirettore, mia mamma mi disse una frase: “Non va mai lasciato un percorso a metà. Almeno chiudi il cerchio. Almeno accetta…” al tempo ricevetti una proposta.
Tre anni e mezzo fa decisi di non accettare più qualsiasi tipo di proposta, se nonché mi arrivò quella della direzione ma per me era una X per cui non volevo saperne nulla.
Mia mamma allora mi disse: “Non puoi non chiudere i tuoi percorsi, almeno prova e poi deciderai.”
Ho provato, ho vinto, diciamo che c’è stato il mio riscatto.
Ho scelto di affrontare quelle che erano le mie paure e quant’altro e portare a casa tanti risultati che oggi vogliono essere un modello d’ispirazione, una fonte d’ispirazione per tutti quei giovani, aspiranti manager e manager donne.
Donne perché è un percorso abbastanza impegnativo, non bisogna demordere, non bisogna farsi annientare, la parola è un po’ forte ma in realtà è proprio questo.
E quindi da lì la voglia di chiudere definitivamente il mio percorso, perché la direzione per quanto mi abbia portato tantissimi risultati, tantissime soddisfazioni, in realtà mi sono resa conto che non è il ruolo che mi appartiene, nel senso che non ho bisogno di titoli, non voglio titoli, non voglio riconoscimenti.
Io voglio riuscire a trasmettere quelli che sono dei valori, dei principi nei confronti delle persone.
La mia storia racconta, insegna e oggi vuole esse d’ispirazione, niente di più.
Quindi non ho bisogno di avere quei ruoli, che molti invece ambiscono pensando che l’obiettivo sia riuscire a guadagnarsi quel titolo.
In realtà la mission va ben oltre il titolo, e quindi voglio esser un po’ un mentore, una guida per coloro che hanno timore o che non sanno come raggiungere determinati posizionamenti, anche se poi in realtà io il vero successo lo definisco come capire esattamente chi sei e per chi lo fai.
Questa in realtà è la mia vera vision del futuro.
Ecco perché ho scelto di lasciare la direzione, dopo tanti anni, poco dopo l’uscita del mio libro. Il libro ha avuto un riscontro pazzesco, non me lo aspettavo minimamente .
Il mio editore, quando gli dissi: “guarda che scriverò un libro sul mobbìng” lui mi rispose: “Non farlo Sara, sei impazzita? Hai un posizionamento così forte che potresti andare ad intaccare il tuo percorso”.
Ma io non avevo assolutamente alcuna paura, anzi gli dissi: “Ma se non lo faccio io, chi lo fa?
Perché non ci sono libri che raccontano, soprattutto quando raggiungi posizionamenti così alti, non c’è nessuno che racconta i retroscena, per paura, per timore, magari di andare ad intaccare tutto quello che con sacrificio ci si è costruiti?”
E io ho detto: “No, No Io sono Miss Controcorrente, e quindi io lo faccio perché è giusto farlo e perché non ho paura di cosa accadrà, nel senso che chi mi giudicherà sulla base di ciò che ho vissuto, onestamente non voglio neanche incrociarlo.
Chi invece conoscendomi e apprezzandomi per quello che sono, sa anche che cosa ho vissuto per raggiungere quel ruolo, beh allora mi darà quel valore aggiunto. Ma a quel punto bisogna trasmettere, lasciare il segno.
Quindi ho scelto di fare un po’ questa mia follia, che io considero una magia per me.
Questa è un po’ la storia di Sara Abdel.
A tutto ciò aggiungo che sono una mamma di tre bambini, e siccome io attraggo le sfide più complesse due dei miei figli sono gemelli.
Sono tante le donne, anche le giovani donne, che hanno bisogno di ascoltare anche altre giovani donne che possono raccontare.
Quello che stai raccontando può aiutare molte giovani ad affrontare il mondo di oggi che è molto più complesso di un tempo. E nella complessità a volte si è travolti dalle tante cose, quindi qualcosa di fresco e di attuale è sicuramente un’acqua che fa bene, un dissetarsi con qualcosa di buono, avere degli spunti buoni.
C’è anche da dire che sono molte le persone che hanno vite travagliate e in cui rimangono vittime e qui porta a chi può aiutare di entrare in campo nel saper aiutare a vincere queste sfide che la vita ci offre.
Cosa vuoi dire alle donne di Donna&Leadership?
L’idea che una persona possa ispirare gli altri attraverso degli aneddoti, la condivisione, attraverso il proprio vissuto diventa l’elemento chiave per poter ottenere dei risultati, soprattutto dei risultati che siano sistemici, un po’ per tutti, non singolari e questo vale tantissimo.
Mi piace parlare di leadership al femminile in quanto donna.
Invece non amo particolarmente parlare di concetti legati a degli stereotipi.
Io parto da una mia idea, una mia filosofia che se continuiamo a parlarne non facciamo altro che alimentare questa differenziazione, quindi è molto sottile.
Perché alcuni potrebbero dire: “Allora perché specifici leadership al femminile?” In realtà è qualcosa che va un pochino oltre il fatto di dire io sono donna tu sei un uomo, la verità è che umanamente e fisiologicamente siamo differenti.
Sugli aspetti legati all’empatia, alle caratteristiche che rappresentano la figura femminile, in quanto donna, in quanto mamma, in quanto protettiva, beh queste sono evidenti.
A quel punto cerchiamo di accendere tutti quei meccanismi che molto spesso vengono soffocati.
Ecco quindi la capacità di parlare la stessa lingua con altre donne ti rende tutto più semplice.
Ma non di certo per alimentare questa disparità.

Con questo libro non ho mai avuto la presunzione di insegnare niente a nessuno. Questo libro è stato per me la luce più luminosa per dare un senso a cio che avevo vissuto.
È stata la mia auto-terapia. Coagulare pensieri, emozioni e ricordi sono stati sì, dolorosi ma indispensabili perché l’obiettivo era spogliarsi a nudo, togliersi gli abiti da manager riconosciuta e mostrarsi nella sua naturalità e nelle sue fragilità.
Un libro che mi ha svoltato interiormente, anche se il titolo fa sempre immaginare alla svolta lavorativa ottenuta in campo. Ma non è cosi!
La svolta è avvenuta dentro di me! Raccontare la mia storia significava dare un senso a tutto. Ciò che avevo vissuto era stato già vissuto e nessuno avrebbe potuto cancellarlo. Come del resto tutti i traumi che viviamo, ciò che per me era fondamentale è sempre stato diffondere una lezione al fine di rialzarsi da quel “pozzo profondo” e risalire verso quello spiraglio di luce, verso la speranza e verso la libertà.
Ancora oggi, combatto in prima linea per dimostrare che il mio racconto è reale e i segni indelebili ne sono la conferma.
La mia non è una vendetta ma è un senso di giustizia a cui credo fortemente.
Se la mia storia è diventata virale, non è per ciò che ho vissuto ma per ciò che ho raggiunto e di questo ne sono orgogliosa. Perché elicitare il proprio talento, crederci realmente e sacrificarsi ogni giorno per ottenere ciò che ci meritiamo è un processo che tutti meriterebbero di vivere.
Oggi ho scelto di abbandonare le vette dell’eccellenza, proprio all’apice della mia carriera manageriale e sai perché? Perché ho avuto coraggio di esprimermi nella mia migliore versione e la mia ambizione ora, è fare la differenza in campo, incoraggiando e ispirando.
Perché capire chi sei realmente e che cosa vuoi, ti permette di volare in alto, superando qualunque barriera.
Intervista a cura di Donatella Metelli