Mara Lupatini Make up
Make up, 2021
La reinterpretazione della natura morta
di Mara Lupatini
Chi è Mara Lupatini
Mara Lupatini è nata a Brescia nel 1985.
Dopo aver preso il diploma come grafico pubblicitario
frequenta l’accademia di belle arti LABA a Brescia.
Durante gli anni accademici l’artista è alla ricerca
di un legame con lo spettatore, propone
delle performance artistiche che interagiscono con il pubblico.
Nel 2014 vince il premio A.M.A
nella categoria fotografia,
premiata da Sandro Iovine,
presentando un progetto che mette
lo spettatore di fronte a delle opere
completamente nere e lo invita
a cancellare la superficie
per scoprire la fotografia che si trova
dietro.“Aprire gli occhi non significa guardare”
è la frase che l’artista posiziona sopra le opere esposte.

Affascinata dai dettagli della natura inizia nel 2010 a fotografare in studio soggetti come frutta e verdura e, ispirata dalle macchie di Rorschach
(test psicologico), realizza immagini che possano stimolare il fruitore a dare la propria interpretazione. Nel 2017 partecipa alla mostra/concorso
Contemporaneamenti all’Arsenale di Iseo (Bs) e vince il secondo premio fotografia. Nel 2020 durante il lockdown approfondisce la tecnica dei pattern e, fotografando frutta e verdura, crea dei moduli che si possano replicare all’infinito reinterpretando la natura morta.

Nel 2021 e nel 2023 due sue fotografie entrano nella shortlist del Pink Lady® Food Photographer of the Year Award. Oggi vive in provincia di Brescia e lavora come fotografa di still life commerciale.

Come ti sei avvicinata alla fotografia?

Da piccola strappavo e collezionavo le immagini che vedevo sulle riviste. Successivamente, nel corso della mia formazione, ha influito l’incontro con il docente di grafica Diego Ruggeri che ha stimolato il mio interesse per la fotografia, perciò ho proseguito gli studi presso l’accademia di belle arti LABA di Brescia dove ho sperimentato l’interazione tra i diversi linguaggi artistici grazie alle lezioni con Salvatore Falci.
Sei una fotografa professionista ma persegui anche i tuoi progetti artistici, secondo te l’uno non esclude l’altro?

Professionalmente lavoro prevalentemente sullo still life in studio di gioielli, bijoux e accessori moda.
Mi piacerebbe che ci fosse una contaminazione, ma solitamente la committenza impone delle linee guida che rispondono ad esigenze specifiche, e non sempre ho la possibilità di creare come vorrei. Talvolta, nella composizione o nell’ accostamento dei colori, cerco comunque di integrare con i miei lavori artistici, anche se è difficile riuscire a sviluppare un progetto artistico che sia contemporaneamente “commerciale”. Forse non ho ancora trovato il cliente giusto!

La reinterpretazione della natura morta è il soggetto dei tuoi still life. Con i Pattern le fotografie d’autore prendono vita nella rappresentazione del corpo o nella creazione di immagini astratte che invitano lo spettatore a guardare oltre l’immediata visione, per renderlo protagonista dell’esperienza estetica. Come sono nati e sviluppati questi progetti artistici?

Il mio desiderio di interagire con lo spettatore nasce già con le opere esposte nel 2014 all’A.M.A. Festival, questo progetto dal titolo “Esperienza sensibile” è stato premiato da Sandro Iovine. In quel periodo partecipavo a peformance e festival, con l’intento di coinvolgere l’osservatore per comunicare che si può guardare l’arte e cercare di scoprirla, comprendere la poetica dell’autore e partecipare con la propria interpretazione. Questa intenzione, interazione è il fil rouge che mi ha portato a creare la serie dei Pattern.

Ho iniziato nel 2010, fotografando frutta e verdura, con un metodo ispirato dalle macchie di Rorschach, l’ho sviluppato poi nel periodo del lockdown concentrandomi sulla tecnica.
La scelta dei soggetti è dovuta, innanzitutto alla natura morta come genere classico nella raffigurazione in pittura e in fotografia, oggetti inanimati selezionati per la forma e i colori. I titoli delle foto- grafie citano, indicano gli oggetti: “Mirtilli”, “Sedano verde”, ecc., ma contemporaneamente gli stessi perdono la riconoscibilità in una composizione astratta, replicabile all’infinito, per condurre l’osservatore a pensare un’altra realtà attraverso la reinterpretazione della natura morta.

Pattern è un work in progress, che però mi ha portato, ad un certo punto, ad avere un blocco creativo, a pormi interrogativi sulla validità di questo lavoro. Così ho creato ed esposto un’installazione con macchine da scrivere

“Pattern, all work and no play”, per esprimere le sensazioni che stavo vivendo, e prenderne le distanze. Un allestimento dove dichiaro: “Come il protagonista del film Shining ripete la stessa frase con la macchina da scrivere io creo questi pattern aspettando il momento in cui avrò il coraggio di realizzare le mie idee chiuse nel cassetto”. Un’azione che mi ha consentito di superare l’insicurezza, i dubbi, e di avere maggiore coscienza dell’autorialità di questo lavoro, di quanto mi appartiene, ma anche di proseguire con altri progetti.

Pattern all work and no play di Mara Lupatini
Installazione Pattern, all work and no play, 2022

Recentemente hai partecipato, insieme ad altri fotografi, alla rassegna dal titolo DESIGN, ETICA, AMBIENTE, SALUTE promossa dall’Associa- zione Plana in occasione del fuorisalone del Mobile di Milano, presso il Museo di Storia Naturale e l’ADI Design Museum.

In questo caso hai rappresentato realisticamente la natura morta, con un linguaggio fotografico attento alla composizione e all’illuminazione. Con questo nuovo progetto intitolato Ripieni di plastica, quale messaggio intendi trasmettere?

In questo progetto fotografico, natura e plastica assumono un significato simbolico. E’ un tema su cui sto lavorando attualmente. Nasce dalla lettura di articoli tratti da testate giornalistiche e da uno studio dell’università di Catania che rileva quanto la plastica abbia contaminato non solo i pesci ma anche gli ortaggi. Per la realizzazione mi sono ispirata al classico still life del food: lo sfondo nero, l’illuminazione. Intendo evidenziare il contrasto tra la valorizzazione estetica del cibo e la plastica inserita, che va a contaminare la natura, esce dalla frutta, dalla verdura, e ne modifica la forma in una rappresentazione reale.

Ci sono fotografi, maestri o personalità di altri settori che hanno ispirato la tua ricerca artistica?

Tra le fonti di ispirazione posso citare tra gli altri Edward Weston per i suoi studi sulla natura morta; i tessuti del Bauhaus nelle forme astratte per la serie dei Pattern; poi Franco Fontana per il colore, inoltre con lui ho partecipato a uno workshop che mi ha stimolato a lavorare anche in esterni.

Quale messaggio vorresti dare alle altre donne che sono alla ricerca del proprio potenziale espressivo?

Non abbiate paura di essere anticonvenzionali, a volte il timore di essere giudicate ci può frenare. Nella vita si possono incontrare tante difficoltà, pensate ai vostri fallimenti come ad un allenamento, si può ricominciare a qualsiasi età e sfruttare la propria esperienza per capire come realizzare i propri sogni. Come ci dicevano quando eravamo piccole: “sbagliando si impara”.

Mara Lupatini Cavolo cappuccio lungo ripieno di plastica
Cavolo cappuccio lungo ripieno di plastica, 2022

© Mara Lupatini immagini

Intervista a cura di Manuela Metelli e Mina Tomella