Oggi abbiamo l’Ing.Marzia Bolpagni con noi. Ben arrivata in Donna&Leadership Journal. 
È un piacere accogliere una giovane donna in questa rubrica per le donne,
ma non solo per le donne,
diciamo che ci facciamo conoscere
anche dagli uomini. 
Cosa ti ha portato Marzia
ad essere qui oggi
e dare la tua voce
all’interno di Donna&Leadership Journal?
Marzia Bolpagni

Prima di tutto grazie per l’invito e complimenti per la vostra iniziativa uno dei motivi per i quali ho voluto partecipare è proprio di coniugare questo tema della donna con la figura della leadership che non è qualcosa di comune, perché si parla molto di figura della donna, delle giovani donne, però il tema della leadership è fondamentale.

Le diverse organizzazioni possono assumerci, possono promuoverci, ma finché non abbiamo accesso a posizioni di leadership dove abbiamo del potere per portare del cambiamento, secondo me il cambiamento non ci può essere, quindi secondo me è fondamentale dare un esempio e dare spero un mio contributo sul mio percorso e motivare altre donne e uomini a portare avanti questa tematica.

Raccontaci un po’ quella che è la tua esperienza professionale di questi ultimi anni.

Io nasco come ingegnere edile, mi sono laureata presso l’Università degli Studi di Brescia, successivamente ho conseguito un dottorato di ricerca presso il Politecnico di Milano, e mi sono specializzata nella digitalizzazione del settore delle costruzioni.

Quindi come migliorare la gestione del nostro patrimonio edilizio sia nuovo che esistente, e farlo in modo innovativo. Questo mi ha portata, durante i primi anni della mia carriera, a lavorare in diversi paesi. 

Quindi ho lavorato in Finlandia, come forse sapete, i paesi scandinavi sono stati i primi ad utilizzare la digitalizzazione nel settore delle costruzioni per gestire il loro patrimoni sia pubblico sia privato.

Sono poi andata in America, a Boston, e ho lavorato per l’agenzia aeroportuale, anch’essa molto avanzata nell’uso del digitale per il settore delle costruzioni.

Mi sono poi spostata in Inghilterra, dove ho lavorato per il Ministero della Giustizia inglese, in quel periodo stava iniziando il mandato governativo, quindi il governo inglese stava richiedendo l’utilizzo del digitale per gestire il patrimonio, cosa che in Italia, a quel tempo, era ancora agli albori. 

Quindi sono rimasta all’estero perché lì il tema era più sentito e c’era più esperienza. Una volta a Londra, ho incontrato la mia compagnia Mace, è una compagnia di costruzioni e di consulenza, se siete mai stati a Londra avrete visto lo Shard di Renzo Piano o la ruota panoramica, sono opere che ha costruito la mia compagnia e adesso, da quattro anni, mi occupo di digitalizzazione del settore delle costruzioni. 

Aiuto committenti a sviluppare strategie ed a implementarle, questo brevemente. 

In aggiunta diciamo mi occupo anche di standardizzazione, dal 2016 lavoro con altri colleghi europei per il CEN, quindi creo norme, sono infatti alla guida di una norma che è stata pubblicata nel 2020 su queste tematiche, a livello europeo e internazionale.

Complimenti per questa attitudine e questa volontà di occuparsi di cose che si è dapprima sempre pensato fossero solo di uomini. Per la tua esperienza in questo ambiente molto innovativo, la figura femminile è vista ancora così distante o comincia ad essere considerata come una collega qualsiasi da parte del gruppo di lavoro?

È un’ottima domanda, grazie. Vedo due attitudini principali che spero nel prossimo futuro possano convergere. La prima, quello che voglio dire e il messaggio che voglio dare a diverse persone che ci stanno ascoltando è che la digitalizzazione è una grande opportunità per noi donne nel settore delle costruzioni, perché ci permette di dare il nostro contributo, la nostra creatività, le nostre competenze lavorando anche da remoto. 

Quindi per forza non dobbiamo essere in cantiere, abbiamo visto anche attraverso il Covid, le possibilità del digitale cosa ci hanno permesso di fare.
Questo dà più flessibilità e dà la possibilità alle donne di contribuire senza dover essere direttamente impegnate nel cantiere.
Perché c’è ancora questa presenza fortemente maschile in cantiere, un pò riguardante proprio il lavoro in sé che è ancora faticoso il più delle volte, e quindi porta più gli uomini a lavorare in cantiere, però anche a livello come ingegnere, quindi della parte di chi dirige, è ancora prevalentemente maschile.

La digitalizzazione aiuta noi donne a poter lavorare nelle diverse fasi, nella fase di progettazione, costruzione, gestione dell’opera e anche di fine di vita e non per forza quindi in cantiere. 

Adesso anche le donne e soprattutto i giovani hanno più possibilità di dare il loro contributo perché sono delle competenze che sono spesso difficili da trovare sul mercato e questo dà possibilità anche a più donne di poter entrare in compagnie, in progetti e poter dare il loro contributo. 

Vediamo anche l’utilizzo di più tecnologie implementate in cantiere, ad esempio l’uso di droni per monitorare l’avanzamento dei lavori, vediamo ancora l’uso del laser scanner per capire lo stato di fatto dei nostri edifici ma anche monitorare il loro progresso, quindi anche quello di cui mi occupo io il BIM /building information modeling): la rappresentazione tridimensionale, con contenuto informativo, dei nostri manufatti.

Per me c’è ancora molto da fare, moltissimo ma io vedo il digitale come una grande opportunità.

Molte che ci stanno leggendo o ascoltando vogliono sapere come poter vincere quella preoccupazione della difficoltà di prepararsi in materie così tecniche e così avanzate. 

Dalla tua esperienza come studente prima, come ricercatrice dopo, e adesso anche come operatrice del settore a più livelli, cosa vuoi dire a queste ragazze e giovani donne che vedono la materia ingegneristica ancora come una materia difficile.

Il fatto della difficoltà credo non debba fermare o essere vista come barriera, la mia esperienza è che quando ero al liceo scientifico, il numero maschi e femmine era equo, quando sono andata ad ingegneria, nel mio corso di laurea, ho avuto la fortuna che eravamo ancora presenti in pari misura, proprio perché c’era questa componente architettonica, in ingegneria edile, molti anziché studiare architettura optavano per questo corso di laurea.

Il problema è quello che succede dopo, mi sono ritrovata a domandarmi: dove sono finite tutte quelle donne che hanno studiato con me?

 

Infatti negli studi di ingegneria, nelle compagnie è invece più raro trovare donne che ricoprono ruoli anche più avanzati nella carriera, quindi si trovano all’inizio della loro carriera per poi vederle sedute ai bordi o nei comitati dirigenziali che invece diventa più difficile.

Il mio messaggio è: a livello di competenze, quella che è la matematica, la competenza tecnica non deve spaventare, perché tutti noi adesso usiamo i cellulari, adesso il nostro rapporto con la tecnologia, con il computer, è tutto diverso rispetto ad un tempo, siamo più abituati ad interfacciarci con diverse tecnologie tutti i giorni.

I tool e i software che abbiamo a disposizione ci aiutano e diventano sempre più accessibili, quindi eliminano quella che è la difficoltà nell’interfaccia per poterci aiutare ad analizzare i dati, quindi è importante la competenza, ma non tutti quelli che si occupano di digitalizzazione sono programmatori. 

C’è un pò questa idea: se lavori nel digitale devi essere competente nella programmazione, servono più donne che sappiano creare codici, questo ovviamente è un altro tema, perché la tecnologia non è neutra, noi abbiamo l’idea che la tecnologia sia sempre buona, sia sempre neutra, dietro la tecnologia ci sono delle persone, spesso sono uomini, e ognuno di noi ha dei pregiudizi. 

Dobbiamo comunque fare in modo che ci siano più donne, che anche siano programmatrici, in modo da poter portare anche la nostra esperienza, la nostra sensibilità. Però quello che voglio dire è che non tutti devono essere programmatori/programmatrici, c’è spazio per tantissimi ruoli, che sono a supporto della digitalizzazione e dove tutte noi possiamo contribuire.

Grazie Marzia perché nell’ascoltare questa voce giovane e fresca che parla alle sue coetanee o future coetanee, colleghe di lavoro e a tutte quelle che devono decidere nel proprio percorso di studi che cosa fare e cosa non fare, sia apre un orizzonte che per molti era esclusivo,  e che sta diventando inclusivo. 

Tu ci hai dato la dimostrazione che lavorando dove hai lavorato, in realtà hai avuto le stesse opportunità di un uomo, quindi è fattibile.

Nel tuo orizzonte temporale, l’idea di te tra cinque anni qual è?

È una bella domanda, non è facile rispondere, anche perché viviamo in una situazione storica dove ci sono tante incertezze, però, nello stesso tempo, è importante avere  un’idea di dove vogliamo andare.

Quello che voglio continuare a fare nei prossimi cinque anni è continuare nella mia carriera e portare le mie competenze più nel settore della sostenibilità, ma anche nell’uso etico della tecnologia, tema a me molto caro, in quanto, come abbiamo detto prima, la tecnologia non è neutra. 

Tecnologie come l’intelligenza artificiale per esempio richiedono il nostro impegno, perché si basano su dei dati storici, e se quei dati storici riflettono una società non inclusiva dobbiamo fare qualcosa.

Ad esempio se vengono utilizzate machine learning, artificial intelligence, per selezionare il personale, che si basano su curricula che nello storico l’ingegnere è sempre stato un uomo, la macchina avrà preferenza a selezionare un CV di un uomo, quindi c’è qualcosa che noi dobbiamo fare. 

Per quello che il mio invito alle donne che ci ascoltano è di investigare questi temi, perché c’è bisogno appunto di dire la nostra e di cambiare questo sistema in positivo, in modo che la tecnologia venga usata in modo positivo.

Tornando a me quindi tema della sostenibilità etica, ma farlo a livello di comunità, quindi non pensare solo a me, ma lavorare come gruppo. 

Ho creato tre anni fa questa community di italiani che lavorano in Inghilterra sulla digitalizzazione a 360°, quindi nella trasformazione digitale, mi piacerebbe che questa comunità crescesse sempre di più, e fosse da ponte tra quelle che sono le esperienze estere e il mercato attuale.

Vorrei continuare nella standardizzazione che attualmente sto portando avanti, quindi creare nuovi standard che possono aiutare il mercato nell’implementazione più strutturata del digitale. 

Tema fondamentale non è solo digitalizzare ma farlo anche in modo standardizzato, perché se tutti usano la digitalizzazione in modo differente parliamo tutti lingue diverse, quindi è importante prima standardizzare e dopo capire come digitalizzare o comunque farlo in concomitanza. 

Se vuoi iscriverti al gruppo degli Italiani fondato da Marzia clicca qui: https://www.linkedin.com/company/idtuk/

Intervista a cura di Donatella Metelli