ragazza capelli rossi
Bentornata!
Questo articolo è un po’
come una seconda puntata
di quello del numero precedente.
Che ti riassumo o che puoi andare
a riprendere nella rivista n. 14/2021.

Avevamo visto come pensieri, emozioni, parole si muovono dentro di noi, ci pervadono, ci alterano le sensazioni, portano dubbi, paure, sensi di colpa… a volte ci assalgono all’improvviso, non ne siamo consapevoli e ci ritroviamo a vivere sensazioni di malessere.

Abbiamo visto che ciò che conosciamo lo possiamo gestire ed è quindi indispensabile fermarci e chiederci cosa ci sta succedendo, cosa può aiutarci a trasformare un malessere incompreso in un malessere gestito, accettato, fatto fluire e lasciato andare.

Abbiamo parlato di un mondo interiore che in buona parte dipende da noi. In questo articolo vorrei analizzare qualcosa che deriva sia da noi, sia dalla sfera sociale, dal nostro interagire con gli altri, con le istituzioni, con la cultura.

In questo ambito viviamo continue situazioni dove le nostre convinzioni si combinano o scombinano con le nostre azioni.

I nostri comportamenti dipendono dalle nostre convinzioni che a loro volta derivano dalla nostra cultura, dagli insegnamenti della nostra famiglia, dal nostro modo di relazionarci, da come ci sentiamo e ci vediamo, da quanto temiamo il giudizio degli altri, da quanto gli altri cercano di manipolarci o noi tentiamo di fare questo con loro.

Ci sono molti fattori che possono influenzare il nostro modo di essere e che ci portano ad essere noi stesse o ad allontanarci da noi stesse.

Uno di questi fattori è la dissonanza cognitiva, definita come l’esperienza di avere due credenze che si contraddicono tra loro, oppure quella che si ha quando mettiamo in atto un comportamento che è in contrapposizione con una nostra credenza.

Penso sia capitato a quasi tutte, almeno una volta, di aver detto una cosa e fatto il contrario.

Questo determina in noi incoerenza che a sua volta determina malessere, in quanto la coerenza è qualcosa che è alla base del nostro sentirci bene, con noi stessi e con gli altri.

Classici sono gli esempi del fumatore che pur essendo consapevole del fatto che il fumo faccia male, continua a fumare oppure di chi vorrebbe perdere peso e continua a mangiare senza controllo. Spesso trovando le scuse più strane… arrampicandosi sui vetri…
Con dissonanza in musica ci si riferisce a quegli intervalli e accordi che producono un effetto non gradevole.
Oppure a livello figurativo possiamo riferirci a qualcosa di disarmonico o discordante.

La dissonanza cognitiva genera particolare disagio in noi stesse e può rivelarsi molto spiacevole. Diventa quindi necessario ridurla appena possibile.

Per cui il fumatore dovrà smettere di fumare o trovare valide giustificazioni per il suo continuo accendere una sigaretta. Chi non riesce a stare a dieta dovrà mettersi d’impegno oppure trovare scusanti come ad esempio rivedere il desiderio di perdere chili o rimandarlo ad altra data o convincer- si che con qualche chilo in più, in realtà, si sta meglio.

Oppure può succedere che ci arrocchiamo sulle nostre convinzioni e quando un’evidenza indiscutibile le fa crollare, si crea una dissonanza con quel qualcosa di nuovo che dobbiamo accettare ma che contrasta con il nostro pensiero di una vita intera.

Quindi l’incongruenza tra atteggiamenti cognitivi dell’individuo (conoscenza, opinioni, convinzioni, credenze, ecc.) e i suoi comportamenti o il suo interagire sociale, viene percepita come sgradevole, con conseguente necessità di ridurla.

Questo meccanismo è stato studiato a lungo da Leon Festinger, uno psicologo sociale, che per primo ne ha sviluppato una teoria nell 1957.

In particolare è conosciuto il suo esperimento, assai controverso, che andava a valutare quanto una percezione potesse variare, in base a un compito incoerente e un compenso misero o accettabile.

Gli studenti reclutati per l’esperimento dovevano svolgere compiti manuali molto noiosi. Alla fine di tale prova veniva detto agli studenti che in realtà l’esperimento misurava le aspettative verso il compito e non tanto lo svolgimento dello stesso. Per questo veniva loro richiesto di aiutare lo sperimentatore, testimoniando ai nuovi studenti che il compito svolto era stato piacevole anziché noiosissimo. Era poi stato promesso un compenso, ad un gruppo di 1$ e ad un altro di 20$.

Ci sarà una differenza nella percezione di chi ha accettato di mentire avendo in cambio 1$ e chi 20$?

In base al suo esperimento, Festinger poté osservare che a chi venne riconosciuto un premio più elevato per mentire, manteneva la percezione del compito noioso; mentre chi percepì un semplice dollaro cominciò a variare la propria percezione sul compito svolto, fino a reputarlo piacevole.

Questo perché essendo la ricompensa molto bassa non giustificava la bugia che andava contro ciò che era stato realmente vissuto. Da qui nasceva la necessità di modificare la percezione relativa, la propria convinzione.

Per poter mantenere un equilibrio interno, l’uomo tende ad essere coerente con se stesso, nel suo modo di pensare e di agire.

Se ciò non avviene, per i diversi motivi che abbiamo visto, per le situazioni di incongruenza che noi stessi andiamo creando, anche nel nostro interagire con gli altri, diventa necessario mettere in atto una sorta di adattamento cognitivo, un modificare il nostro pensiero.

Riassumendo: se manca la coerenza si determina la dissonanza e di conseguenza il bisogno di eliminarla e diminuirla, in quanto non ci fa stare bene e va a intaccare la nostra autostima.

Esistono principalmente tre modi per ridurre la dissonanza cognitiva, non proprio semplici:

1. cambiare il comportamento affinché si adatti alla convinzione con esso dissonante.
2. giustificare il nostro comportamento fino a modificare la nostra convinzione;
3. giustificare il comportamento attraverso la creazione di nuove convinzioni.

L’autogiustificazione, atta a trovare scusanti che possano spiegare un certo comportamento o mancato comportamento, è una della vie che viene utilizzata maggiormente.

Ne è un esempio simpatico la favola de “La volpe e l’uva” di Esopo, che riassumo di seguito:

C’era una volta una volpe che, affamatissima, si avventurava in cerca di cibo verso i campi coltivati. Dopo aver vagato per un po’, con la pancia che brontolava, vide una vigna piena di grappoli meravigliosi. Si avvicinò, attenta che nessuno la vedesse, ad un grappolo che le sembra più vicino. Fece un bel balzo per poterlo prendere con i denti ma non ci riuscì. Prese la rincorsa e provò a balzare di nuovo. Provò e riprovò ma alla fine dovette rinunciare nonostante la grande fame e l’uva invitante. E disse fra sé e sé: “Quel grappolo era ancora acerbo e mi avrebbe solo fatto venire mal di pancia!”

Questa favola dimostra come la volpe per giustificare la dissonanza fra la sua voglia di uva e il suo non riuscire a raggiungerla, trova la scusa che l’uva era acerba. Quindi non era lei troppo piccola per arrivare al grappolo o troppo poco scattante… E quell’uva che all’inizio sembrava matura e sugosa, diventava possibilmente acerba.

Forse sarebbe bastato che la volpe dicesse a se stessa: “Che peccato è troppo in alto per me, ora cercherò qualcos’altro”.

E allora perché a volte, come la volpe, mentiamo a noi stesse?

Perché quando troviamo un’incongruenza o la risolviamo riallineando pensiero ad azione, convinzione a comportamento oppure siamo costrette a riaggiustare la nostra realtà.

Inoltre il meccanismo della dissonanza ci porta a mentire a noi stesse per permetterci di preservare la nostra convinzione di essere buone, gentili, capaci, morali, intelligenti, in particolare se ci viene fatto notare o se noi stesse costatiamo, che non siamo stati gentili o intelligenti.

Questo processo di riduzione avviene in buona parte nell’inconscio, creando a volte un circolo vizioso anziché virtuoso.

Se diventa un’abitudine trovare scusanti, per autogiustificarsi, rischiamo di vivere la dissonanza cognitiva in maniera cronica.

Cosa dobbiamo fare per evitare tale atteggiamento che può allontanarci da noi stesse ?

Come prima cosa dobbiamo comprendere questo meccanismo di compensazione che il nostro sistema mette in atto per evitare il disagio emotivo che una certa situazione può causare. Osservandoci in continuazione, possiamo capire se questi adattamenti cognitivi, del nostro pensare e del nostro agire, ci stanno portando lontane dal vivere chi siamo veramente, fino a perdere la nostra autostima.

Ad es. potremmo arrivare a non ammettere più la nostra verità e creare nuove credenze fino a trovare scusanti senza senso che diventano difficile da sostenere.

Se poi non riusciamo a cambiare dentro di noi questi atteggiamenti e comprendiamo che ci stanno nuocendo, è meglio rivolgersi ad uno psicologo o ad un coach.

Penso che in particolare in questo periodo storico sia fondamentale osservarci ed ascoltarci.

Da quasi due anni siamo bombardate da notizie spesso contrastanti, che aumentano il nostro livello di ansia, di paura e a volte di poca coerenza.

C’è in gioco la nostra salute e non ci viene nessuna sicurezza, anzi c’è una forte aspettativa sulle nostre scelte, che se non sono in linea con la maggioranza rischiano di essere discriminate.

Si viene in qualche modo indotte a fare delle scelte che potrebbero an- dare contro i nostri valori. Cerchiamo di allineare le nostre convinzioni a quanto ci viene proposto. Oppure se seguiamo i nostri valori, siamo limitate e criticate.

Tutte queste situazioni determinano in noi un’insicurezza di base che rischia di creare dissonanza cognitiva.

Anche se abbiamo libertà di scelta, rischiamo di vivere comunque un disa- gio dentro di noi, giustificando le nostre decisioni, il nostro comportamento, cercando di convincerci che sia quello giusto… ma nessuno ci garantisce che lo sia…

Quindi la cosa più importante è ascoltarci e osservarci in ogni momento; ricordarci di sorridere e ringraziare spesso; dedicarci del tempo per ridurre le paure e alzare le nostre vibrazioni con meditazione e respirazione… perché come dice Alessandro Sieni: “Il piano più grande …TU!”

Monica Canu